luglio - ottobre 2022

Manifesta a Pristina, capitale del Kosovo: ecco una selezione delle opere da non perdere!






Siamo stati a visitare "It matters what worlds world worlds: how to tell stories otherwise", quattordicesima edizione di Manifesta, inaugurata a Pristina, capitale del Kosovo lo scorso 22 luglio. 100 artisti provenienti da 30 Paesi presentano i loro lavori in 25 tappe, tra spazi pubblici e privati, di cui quattro sedi principali: il Museo del Kosovo, il Grand Hotel Prishtina, la Biblioteca Nazionale e il Palazzo della Gioventù e dello Sport. Abbiamo stilato la nostra classifica delle 10 opere da non perdere:

1. Adrian Paci, “The wanderers” (2021) - Grand Hotel Prishtina

Adrian Paci ha trascorso diversi anni esaminando e riesaminando cosa significhi vagare per il mondo, partire e tornare, cosa lasciare andare e cosa trattenere. Ambientato in un’Albania rurale, "The Wanderers" mette in contrasto due modalità di camminare, due modi di muoversi ed essere. Da un lato il video in bianco e nero mostra persone e animali che entrano e lasciano l’inquadratura in maniera casuale e in slow-motion, mentre lo schermo a destra propone un video a colori in cui avviene una processione di persone che appositamente avanzano in direzione dello spettatore verso un luogo sconosciuto. La tensione tra le due temporalità e immaginari trascendono il contesto albanese del video, mettendo in luce la figura del migrante e l’immaginario filosofico della figura del viandante. 




2. Christian Nyampeta “Sometimes it was beautiful” - cinema abbandonato Kino Rinia

Questo sito culturale abbandonato e spettrale, salvato dalla sua trasformazione nell’ennesimo supermercato, è ricordato come luogo che ha portato il cinema d’azione e le commedie romantiche hollywoodiane a Pristina. Il lavoro di Nyampeta si ispira allo scrittore e regista senegalese Ousmane Sembène che propone un’idea di cinema come luogo di insegnamento collettivo e veicolo di intervento sociale. Nel film si riuniscono personalità quali i politici Yasser Arafat e Winnie Mandela; la studiosa post coloniale Leela Gandhi, il playwright Wole Soyinka e il regista Andrei Tarkovsky che guardano e criticano un altro film: il documentario girato dal regista svedese Sven Nykvist in Congo nel 1949.





3. Elona Beqiraj, "poems from: und wir kamen jeden Sommer” (2019) - Grand Hotel Prishtina

"It doesn’t matter where you are from, Afghanistan, Turkey, Kurdistan” scrive Elona Beqiraj in riferimento alla comunità di persone che hanno vissuto come lei, parte della diaspora kosovara in Germania, questo senso di appartenenza e nostalgia verso quella che lei chiama “home”. La scrittura poetica ha un ruolo cruciale in questo tentativo di mettere insieme un’identità frammentata tra il paese natale e la nuova terra.






4. Silvi Naci, “Actions that made my hands hurt (hand film)” (2019) - Grand Hotel Prishtina

A prima vista il film minimale di Silvi Baci ricorda lavori iconici degli anni Sessanta come Hand Movie (1966) di Yvonne Rainer; Hand Catching Lead di Richard Serra o Hand Action (1968) di Joseph Beuys a cui sicuramente c’è un riferimento. L’artista stessa è la performer del suo video che con le mani compie una serie di gesti legati al fare arte, come modellare, formare e ritagliare, intervallati da altre gestualità più evocative di un'interazione giocosa, sessuale o violenta. Il volto è fuori dall’inquadratura per creare questa divisione tra pensare e fare che molti filosofi come Friedrich Engel o Hannah Arendt, vedono come basi del lavoro e una pre condizione dell’umanità.




5. Driton Selmani “Love letters”, (2018 - ongoing) - Grand Hotel Prishtina

L’artista trasferisce su borse di plastica frasi prese dalle centinaia di pagine del suo diario, quali “I Wish you were a plastic bag so that you could be eternal”: queste moltitudini di frasi diventano lettere d’amore che sottolineano come l’amore si possa trovare tanto sulla lista della spesa, così come in una poesia, una lettera, un messaggio sul telefono. Affrontando temi che oscillano dalla politica, all’ecologia, dall’arte alla filosofia, le plastic love letters fungono da diario che racconta i desideri e le preoccupazioni quotidiane.






6. Céline Baumann, “Queer nature”, 2017-ongoing - Grand Hotel Prishtina

E se le piante fossero i nostri più antichi maestri? Come sostiene Céline Bauman, cosa possiamo imparare da loro? Quali conoscenze possono condividere con noi? Una lezione chiave da imparare dalla dimensione botanica sarebbe l’ubiquità del queerness. Ovunque tu guardi in natura, è lì. Come parte di una ricerca circa la diversità delle espressioni dei generi e il comportamento sessuale nella piante, Baumann mette insieme esemplari, illustrazioni, foto e storie. La ricerca presenta il suo erbario e video che vanno aldilà della mera considerazione che le piante sono spesso unisessuali, bisessuali, ermafroditi o transgender, a seconda dell’età, dell’ora del giorno e delle condizioni ambientali. Quello che Baumann cerca di trasmettere è che queste conoscenze possano portare a un messaggio positivo rispetto alla creazione di un ambiente che condividiamo - che sia a livello domestico, urbano, nazionale - e di accoglienza per tutti.




7. Mette Sterre, “Seapussy Power Galore - Abcession (if you don’t know, you don’t grow)”, 2021/22 - Grand Hotel Prishtina

L'installazione di Mette Sterre ci fa immergere in un mondo subacqueo che respira e si contorce, si ritira e fluisce nuovamente. La figura centrale in questo paesaggio marino invoca l’idea di una sirena che fin dall’antichità è stata al centro di miti di diverse culture. Come figura ibrida, metà umana metà animale, è spesso descritta come una figura inabile alla vita sulla terra e in acqua, e per questo Sterre aggiunge nella narrazione l’elemento legato all’aria che le permette di respirare sottacqua come se una sirena incontrasse un cyborg.






8. Daniel Gustav Cramer & Haris Epaminonda, “The infinite Library”, 2007-ongoing - Grand Hotel Prishtina

Un archivio di libri che sono stati selezionati, raccolti, modificati, recuperati e numerati da Daniel Gustav Cramer & Haris Epaminonda. Ogni libro vede un nuovo inizio con un nuovo set di regole: mentre le proprietà e i contenuti restano invariati, il resto del processo è intuitivo, associativo e soggettivo. Gli artisti concepiscono il loro lavoro come una conversazione aperta e infinita fatta di frammenti, una riconfigurazione senza fine di storie e idee. Come scrivono gli autori: “It’s a liberating moment to open a book, written by an individual mind, and connect it with another, constructed by someone else”.





9. Astrit Ismaili, LYNX, (2022) - The National Gallery of Kosovo

Ismaili esplora le possibilità di essere e diventare all’interno di un contesto performativo. Attraverso alter ego, estensioni corporee e strumenti musicali indossabili, Ismail raggiunge quello che definisce come “portals of transformation”, coniugando corpi con sculture metalliche e suoni.Canzoni originali composte dall’artista si intersecano con una serie di frammenti le cui fonti sono in relazione con arte, cultura popolare e politica. I temi affrontati sono quelli della tradizione, della violenza, della resistenza, del desiderio, della paura e della resilienza. Quello che rimane della performance, gli strumenti e i suoni, sono stati trasformati in un’installazione in mostra presso la National Gallery of Kosovo.






10. Miryana Todorova, “expanded Objects for Shared Living” 2012-2015 - Grand Hotel Prishtina

Propone della strutture espandibili e modulabili che rispondono ad un’idea di migrazione come condizione - in modo potenzialmente utopico - permanente e costante. Costruito con oggetti trovati come guardaroba portatili, valigie, ombrelloni e trolley per la spesa, le sue creazioni spingono ad un’idea di mutabilità, di ibrido, di estensioni, di clusters, di pelli, di gusci o di dimore che utilizza per indagare azioni collaborative e situazioni performative in spazi pubblici che ruotino intorno all’idea di comunità.





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